martedì 20 ottobre 2015

Su De Luca e i NoTav: se non sapete cosa sia un grafo e cosa sia una catena di Markov, Darwin è li per voi.



Ecco come vogliono vivere i NoTav


Sconfitta del Ltf e della civiltà a causa dell'assoluzione (per non aver commesso il fatto!) di quel pericoloso comunistello - già capo del servizio d’ordine di Lotta continua a Roma fino al 1976, mica cazzi - scrittore che andò sotto processo per un comunicato così, estrapolato da un articolo (Link):

“La Tav va sabotata!” proclamava lo scrittore“...Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo.” Il riferimento era a due ragazzi fermati il giorno prima mentre trasportavano in macchina Molotov, maschere antigas, fionde, chiodi e, appunto, cesoie. Materiale, secondo gli investigatori, destinato ad azioni contro i cantiere della contestatissima linea ferroviaria ad alta velocità. E alla domanda sulla liceità di “sabotaggi e vandalismi”, De Luca rispondeva: “Sono necessari per far comprendere che la Tav è un’opera nociva e inutile”. E ancora: “Hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l’unica alternativa”. Da qui la denuncia alla Procura di Torino da parte della Ltf, la società italo-francese..." 
...L'ex PM Caselli replicava a dicembre dello scorso anno: “le spregiudicate teorizzazioni secondo le quali i reati di sabotaggio contro il cantiere Tav di Chiomonte non sarebbero da condannare ma anzi giustificabili e persino encomiabili...Perché, rimarca il magistrato oggi in pensione, “tutti i reati sono da condannare”, a meno di non “piegarsi all'idea di una giustizia à la carte: con la “storia dei compagni che sbagliano abbiamo già dato negli anni Settanta”.

Insomma, a questo punto mi sembra chiaro che se sei sufficientemente "intellettuale" (le regole sono sempre quelle checché ne dicano) puoi dire il cazzo che vuoi che tanto non succede nulla; devi anche avere i giudici dalla tua parte, è vero, quindi prendi la tessera di una qualunque frangia sinistrorsa, mi raccomando. E nel casi specifico, c'è da chiedersi come faccia uno scrittore - che giocava alla lotta armata - a intendersene di treni ad alta velocità.

Un progetto come quello della TAV si chiama "ottimizzazione del mercato” anche quando, al posto di parlare di questioni economiche, si parla di questioni sociali. Alla base di questo concetto è che più è alta la mobilità, più è probabile che un qualsiasi soggetto possa, almeno in teoria, trovare la collocazione migliore. In questo modo la TAV non è solo un pezzo di ferrovia: è semplicemente una tratta di un grafo, la cui complessità può essere vista come semplificare o abbreviare gli spostamenti utili a migliorare le attività economiche.
La domanda però è la seguente: in una società ove il posto si trova spostandosi e dove la possibilità di spostarsi è un fattore di ottimizzazione, come si trova chi non ha posto in quella società? Male, anzi malissimo perché non ha studiato che la costruzione di vie di comunicazione rapide, storicamente, porta sempre ricchezza. Lo ripeto: sempre ricchezza. 
Quelli che vedete in piazza sono coloro che in una società moderna, in una società ove il miglioramento si basa sul movimento, non hanno speranze. Il loro sogno è una società senza movimenti ove sia le merci sia le persone sono radicate sul posto. Ma questo sogno sta andando in pezzi: ricordate? La tecnologia avanza e con essa l'evoluzione dell'uomo. 
La TAV è un simbolo: loro non troveranno posto nel futuro che sta avanzando. Non sto dicendo che sia migliore o peggiore, lo vedremo. Ma è un fatto che questo futuro sta arrivando. Presto gli abitanti delle città "inTAV" avranno ancora più possibilità di trovare una soluzione migliorativa e con tutti i percorsi ferroviari del continente europeo futuri, la generazione dei nostri figli potrà leggere annunci di lavoro in città che oggi noi chiamiamo “straniere”; potranno cioè essere dei pendolari su distanze che un tempo erano proprie degli immigrati.
La TAV, cioè,  non è solo una ferrovia. Per alcuni ambienti, dai centri sociali a certe sacche di società sempre da quel lato della barricata, è la campana che suona a morto. E sanno bene che la campana sta suonando per loro. Sanno bene che in un’Europa connessa da ferrovie e reti digitali, tutti troveranno le opportunità che cercano, tranne loro (A DeLuca non importa nulla: forse solo alla rive gauche potrebbe trovare asilo e comprensione).

Qualunque cosa sia la TAV, anche semplicemente un treno, rimane il fatto che la loro sfiga è quel treno è quello che hanno perso. Sic et simpliciter.

Ogni volta che si fa un passo in avanti tutti quelli che dicono no-tutto, come appunto i NoTav, rimangono un passo indietro. E questo rimanere indietro li isola sempre di più, toglie loro opportunità e li relega nell'irrilevanza e nella marginalità. Presto saranno solo un branco di barboni che bivaccano nei ruderi che oggi chiamano “centri sociali occupati”, ammesso che non lo siano già. 
Ogni volta che il mondo fa un passo avanti, che cambia stato, che cambia forma - e questo succede da sempre - questi signori rimangono un passo indietro. Ogni volta che rimangono un passo indietro, c’è un posto ove non possono più entrare, un lavoro che non possono più fare, un pezzo di reddito che non possono più avere.
Questo qualcuno protesta perché sa e perché sente che sta rimanendo indietro. Chi combatte contro treni, energia, strade, internet sta combattendo contro il treno che ha perso. Lo sta odiando perché è partito mentre lui è rimasto lì.

Guardatevi bene da i NoTav o i NoTutto: sono i barboni di domani.